Una scura serigrafia del profilo di pini che corrono verso una meta lontana annunciano il contenuto. Viene da chiedersi se siano gli stessi donati dal vate Gabriele D’Annunzio a Marcello Piacentini, per la sua villa in Via della Camilluccia. Questi hanno ispirato la musica di Ottorino Respighi che li guardava crescere dalla sua finestra. Quelli invitano alla lettura del libro che parte dalle strade percorse dall’autore: in bici o in moto da studente e personaggio politico. In macchina di servizio da sindaco o da ministro dei Beni Culturali. Attesta l’amore per la città eterna e una conoscenza particolare che rinvia ai tanti libri sull’argomento. Da Roma Moderna di Insolera a Mirabilia Urbis di Cederna ed ancora, passando per la grande modernizzazione di Sisto V e Domenico Fontana, durata lo spazio temporale di una giunta, a Spazio Tempo ed Architettura di Gideon.
Per l’autore la consuetudine ad esplorare le strade è dovuta oltre al lavoro svolto alla frequentazione di buone scuole concluse con la facoltà di architettura. Oltre alla biblioteca di famiglia, in cui si annoverano personaggi illustri. Quelle si possedevano un tempo in cui le case erano ben diverse dalle attuali, compresse in pochi metri quadrati.
Fanno da contrappunto ai testi un incisivo bianco e nero delle foto di Andrea Jemolo. Ad iniziare dal sepolcro del fornaio Eurisace a Porta Maggiore. Ritraggono angoli della città col cielo corruscato, chiaramente identificabili e noti.
Il percorso non poteva che iniziare dalla via Appia, “una delle opere più meravigliose del mondo”. La stessa percorsa integralmente a piedi da Paolo Rumiz con un gruppo di amici per trarne un libro, un film e suggerire un progetto di ripristino che si auspica vada in porto al più presto. Tantissime le notizie spesso ignote. Ad iniziare dal fatto che i sedili in travertino del Circo Massimo accoglievano fino a 300 mila spettatori ed erano lunghi 75 chilometri. Del Septizodium, quella grandiosa facciata del Palazzo Imperiale realizzata da Settimio Severo per presentare il Paladino a chi veniva dall’Appia, si è occupato anche Freud. Forse per chiedersi cosa nasconda la sua demolizione. Ai primi del Novecento, tornata alla moda l’architettura romana, ha ispirato un albergo in Via Veneto. Davvero numerosi gli stimoli trasmigrati come il polline dai monumenti di Roma alla cultura universale, ad iniziare dal Campidoglio per passare al Senato. Il libro li riporta puntualmente, insieme alle vicende di artisti poco noti come Giuseppe Ceracchi che si sono formati sulle sponde del Tevere per poi emigrare altrove e lasciare tracce indelebili in tutto il mondo. Lo si deve anche al fatto che l’autore sia stato sindaco dal 1993 al 2001 quando passa la mano a Walter Veltroni. Un bel mestiere che gli ha consentito di conoscere papi, regnanti, presidenti della repubblica e personaggi noti. Gli ha permesso anche di lasciare in città testimonianze importanti, ad iniziare dalla variante al piano regolatore con la tutela di parchi e spazi verdi. Il rilancio degli scavi nell’area archeologica dei Fori Imperiali, iniziato da Petroselli. Il “Programma Centopiazze” con il restauro o la costruzione di nuove, come quella dedicata a Balsamo Crivelli a Casal Bruciato. Ed ancora, il recupero dell’ex-fabbrica Peroni con il Museo di arte contemporanea MACRO, l’Auditorium Parco della Musica e il Museo dell’Ara Pacis. Anche la lunga gestazione della “Nuvola” inizia in quegli anni. Se, messo a confronto con ciò che è stato fatto a Parigi, Berlino o Barcellona, il bilancio può essere considerato adeguato?
Ciò che ci si chiede è perché tutte le nuove architetture siano state realizzate in quartieri non certamente popolari. Forse anche per questo, tranne la breve parentesi di Marino, il governo della città sia passato da Alemanno a Raggi con un fallimento sempre più evidente. Qualche cenno autocritico avrebbe donato al volume quell’imparzialità che si sarebbe maggiormente apprezzata.