Come gli Italiani sono tutti allenatori, noi Romani siamo tutti critici d’arte e la Fontana delle Naiadi ne è un esempio.
Nel 1888 viene decretata la nuova sistemazione urbanistica della zona tra la Stazione Termini e Piazza della Repubblica. Il primo progetto della fontana della allora Piazza Esedra venne su proposta dell’architetto Alessandro Guerrieri: prevedeva 3 tazze circolari
concentriche a diversa altezza poste su una base ottagonale con i lati alternativamente retti e concavi; sui lati retti si aprono quattro vasche semicircolari e l’intera struttura è immersa in un’ampia piscina poco profonda. Il primo tentativo di sistemare quattro leoni
di gesso accucciati (per omaggiare la visita dell’imperatore tedesco Guglielmo I), posti nelle quattro vasche semicircolari sui lati retti dell’ottagono, come ornamento dell’intero complesso, non ebbe successo, e il progetto venne abbandonato.
Solamente nel 1901 venne portato a termine e inaugurato il nuovo progetto dello scultore palermitano Mario Rutelli, bisnonno dell’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli. Il progetto consisteva in quattro figure femminili nude bronzee (sistemate al posto dei leoni
negli appositi bacini sporgenti), raffiguranti delle naiadi, ninfe delle acque della mitologia classica; si possono riconoscere la Ninfa dei Laghi, caratterizzata dal cigno che tiene con sé, la Ninfa dei Fiumi, sdraiata su un mostro acquatico, la Ninfa delle Acque Sotterranee,
sdraiata sopra un drago, e la Ninfa degli Oceani, in sella ad un cavallo simbolo del mare.
Un grosso zampillo ricadeva sulle statue provenendo dalla prima vasca interna, mentre la vasca centrale manteneva il progetto della fontana originaria, con una numerosa serie di zampilli indirizzati verso l’interno, oltre ai cinque centrali. L’intero complesso era
circondato da una cancellata.
La posizione troppo sensuale e lasciva delle statue e la lucentezza dei corpi procaci bagnati dall’acqua, risultò essere uno spettacolo immorale e indecente per l’ala conservatrice di fede papalina che ancora era viva in città, e di cui si faceva portavoce L’Osservatore romano, il giornale del Vaticano.
Le polemiche crebbero, in nome del pudore e del perbenismo, ma il Comune abbracciò le tesi progressiste e, oltre a non rimuovere le Naiadi, il 10 febbraio 1901 lasciò che i romani, a seguito di una mezza sollevazione popolare, abbattessero lo steccato.
Sempre al Rutelli venne commissionata la decorazione per il gruppo centrale della fontana. La realizzazione dello scultore risultò abbastanza bizzarra: consisteva in un gruppo formato da tre tritoni, un delfino e un grosso polipo, avvinghiati tra loro apparentemente in una lotta. Quando, nel 1911, il primo modello fu collocato in cima alla
fontana, suscitò reazioni sarcastiche di critica e popolo tanto da essere battezzato come “il fritto misto di Termini”( foto in alto). Venne presto rimosso, e si chiese allo scultore palermitano di concepirne un altro, più sobrio. Nel 1912, finalmente, la fontana assunse l’aspetto che tuttora possiamo ammirare, con la sistemazione, al centro, del gruppo del Glauco, uno dei figli del dio Poseidone, rappresentato da una figura maschile nuda che afferra un delfino, simboleggiante il dominio dell’uomo sulla forza naturale, dalla cui bocca esce lo zampillo centrale. L’opera completa venne di nuovo inaugurata nel 1914.
E il “Fritto misto” che fine ha fatto? Per ammirarlo, basta andare nel parco di Piazza Vittorio, dove troneggia in un foro simile ad un piatto
realizzato da Numisia